mercoledì 28 febbraio 2007

Lettera da me stessa

Ti svelerò qualcosa ma non tutto. Non sarebbe giusto. Ma mi è stata data questa possibilità da qualcuno che dicono si chiami Dio. Scrivo su questi fogli fatti di nuvole e devo ancora capire come faranno a recapitarti questi miei pensieri. Ma sono fiduciosa. Come potrei non esserlo. Ora che non esisto più e ho la certezza che da quassù riesco a sentire la tua voce sono serena. Riesco a svegliarmi di notte perché sento il tuo cuore battere più forte, riesco ad essere a Milano ma anche a Tokio. Riesco a vedere l’alba ed il tramonto nel giro di un paio di secondi. Non sono materia, ma in fondo che mi importa. Le sensazioni tattili mi mancano ma non valgono nemmeno un briciolo della coscienza di poter essere ancora qualcuno nell’aldilà.
Ti scrivo per dirti che tu, cioè Io, devi tenere duro. Stai fissando la tua agenda ed i giorni del calendario simili a foglie d’autunno. Fai la lista delle cose che vorresti realizzare e sei felice al fianco del tuo lui. Passerà lui, cambieranno i tuoi desideri, vedrai almeno altre 47 primavere, sentirai il gemito di un figlio nato per caso e amato da subito senza compromessi.
Capisco la tua perplessità. Questa chi è? Cosa vuole da me? Chi la conosce?
Chi la conosce?
E’ proprio questo il punto. Gli altri non ti conoscono. Ignorano molti lati del tuo carattere esattamente come tu lo fai. L’esperienza ti porterà quelle risposte che ora ti appaiono oscure e lontane. Mordicchiare il tuo bastoncino di liquirizia ti aiuta a scacciare quei pensieri che rimbalzano qua su da me. Io li sto archiviando in un piccolo baule e solo un giorno tu ne avrai la chiave.
Per ora non esiste codice, condotta, sentiero. Non esistono istruzioni, regole o dettami, consigli, soffiate. Non esiste nulla che io dal mio azzurro possa darti. Perché se ti dessi anche solo una piccola spinta tu non saresti tu. Ed io forse non sarei qua.
Sono orgogliosa di te. Retoricamente potrei dirti che solo ora che non esisto più mi sono accorta di quanto sono importanti la tua pelle, le tue ossa. E il tuo cervello. Ma soprattutto il tuo cuore.
Sono contenta quando tu sbagli. Qua nell’aldilà esiste una scuola tutta particolare dove i brutti voti vengono dati a chi ha consegnato in bianco. Mentre ho visto dare anche qualche otto a chi è andato fuori tema. A chi ha buttato nero su bianco ciò che la mano trascriveva guidata dal cuore. Ho visto le lodi di genti che hanno commesso decine di errori ma sono rimaste coerenti alla loro ignoranza e alle loro passioni.
Le regole che devi seguire sono quelle che non trovi scritte. Se ti do questa indicazione è perché penso che sia più importante dirti questo anziché consigliarti il biglietto vincente della prossima lotteria o quale treno non prendere. Io so tutto. Ma a te basta nettamente meno. Basta sapere che quel fuoco che hai dentro non deve spegnersi mai. Piogge, tempeste o freddo pungente. Fila dritto. Copriti bene e guarda dritto a te respirando profondamente. C’è da fare ancora molta fatica. Quasi la stessa che provo io a stare in equilibrio su queste stelle. Ma ce la farai.

Continua in questo modo. Segui le regole che non ci sono. Rifletti su ciò a cui non vale la pena di pensare. Colora ciò che di grigio incontri. Dai e ama a chi non lo vuole, senza pensare a cosa riceverai in cambio. Non fare mai un bilancio di ciò che hai fatto e che non hai fatto, ma canta a squarciagola per delle note che ti toccano l’anima. Continua a berti la pioggia anche se ti sembra una cosa folle come anche le scritte sui muri di casa tua.
Credi in Dio, credi in te stesso e in tutto l’amore del mondo. E arriverai a me.Buon Viaggio.

Alle poste


Prego si metta in fila. Biglietto, numerino. I numeri rossi girano su sfondo nero. Penso che vorrei essere almeno cinque posti avanti nella fila. Un tizio sulla cinquantina guarda i miei capelli e le scarpe e la maglietta. Penso: “Cazzo non hai mai visto un trentenne-pseudo-pittore-cheamaodia-lavita-sempreinviaggio-reduceda8coca-pampero?” no forse no. O forse si. Mi suona il cellulare. “Dimmi almeno un motivo per cui dovrei tornare da Amsterdam, chiederle di rimettersi insieme a me e poi ripartire in nottata?”. Non lo so. Non ho tutte le risposte. Le avessi avrei giocato al lotto, tenuto una rubrica su Donna Moderna o forse passerei tutti i pomeriggi allo speakers corner di Hyde Park. “Fai quello che ti senti” dico io. Polite, democratico, universale, cross perfetto sulla testa. E poi butto giù il carico da 90 “In fin dei conti ti ci devi buttare nelle cose”. Chiudo. Penso che non dovrebbe andarsene da Amsterdam per seguire una anoressica con figlio a carico in una città dove la merda delle mucche ha la meglio sul profumo dei pini e dei rododendri. 4 persone davanti a me. Investi al 4%. Rendimento garantito. Vediamo…4% di 28 Euro che ho adesso in banca fanno una bella somma…Ora vado allo sportello salto le 4 persone e gli taglio la gola. Domani sarei in seconda pagina, insieme alla Franzoni del momento e alle consultazioni del governo. Si può prendere in giro così la gente? Voglio un cartellone che al posto di queste stronzate ti dica: Fine mese: ci arrivi di sicuro. Non investire niente. Goditeli. Beviteli. O bruciateli sul tavolo da gioco, o comprando 100 voli di una compagnia low cost. Respiro. Il cerchio alla testa è grande quasi quanto la morsa ai coglioni per perdere tempo in questo posto che puzza di vecchio. Ci dovrebbe essere una riforma costituzionale che obbliga la gente a togliere i vestiti dagli armadi con la naftalina e a bruciarli. Carta, carta, ancora carta. Siamo nel 2007 ma sembra di essere a Velletri nel 1600. Mancano due menestrelli, un cavallo parcheggiato fuori al posto dei SUV e un boia. Ma d’altronde che cazzo ci farebbe un boia alle poste? Meno tre. Ho perso solamente 32 minuti. Non male. Lo 0,00001% della mia vita. Sembra poco. Ma non lo è. Grazie ad una raccomandata con ricevuta di ritorno per dire che non devo pagare una multa che però ho già pagato perché il contribuente ha sempre ragione, sono qua. Nello stesso tempo avrei potuto ingoiare una scatola di corn-flakes per fare un po’ di fondo, avrei potuto dire a mio padre che lo amo o avrei potuto scrivere un racconto. L’epoca del fast food, del take-away, del Mac Drive, del quick box per la consegna veloce di un film blockbuster. Come se consegnare al bancone un film e tentare un contatto sociale portasse via un lustro o ti esponesse ad un rischio virale. L’epoca di un aperitivo in piedi. Veloce, di taglio, correre. Ho ancora 2 persone davanti. Se sono insieme sono una. Ma non possono essere insieme. Si parla di Pacs, Dico e tric e ballac ma la realtà è che la gente non sta più insieme. Sembra di costruire delle piste da corsa ma dove cazzo sono le auto? In garage. O forse sono tutti all’autolavaggio. Pronti come ad un concorso per cani dove vinci un croccantino ed una pacca sulla spalla. No, non sono insieme. O forse potrebbe esserlo. Sembrano due gemelli siamesi attaccati i seni di lei con la schiena di lui. Prego tenere la distanza per motivi di privacy recita un cartello. Forse la signora non sa leggere. Sarà islamica. Di solito tutti i mali del mondo sono collegati all’islam. Sì, è islamica. E poi puzza di messa in piega appena fatta. Ora ci sputo in mezzo ai capelli. Meglio di no. Manca solo lei è poi è il mio turno. “Domani siete aperti alle 7:45? Manderei mio marito a pagare un bollettino”. Ci sarà un motivo per cui Dio padre ha fatto la giornata di 24 ore ed i vecchietti alle 7:45 sono già lì per pagare l’ICI quando potrebbero farlo due ore dopo dormendo un po’ di più o facendo l’amore con l’aiuto del Viagra? Si forse un motivo c’è. Forse hanno capito tutto. Svegliarsi per primi. Operativi. AAAttttenti. Tutti in fila. L’esercito di pensionati non professionisti-mercenari è il futuro. Il cappotto color merda della signora abbandona l’ufficio postale e con lui la scia di odori sintetici. Respiro profondamente. Ora il cerchio alla testa si fa sentire ancora di più. Sono pallido. Ho le mani sudate. L’impiegato mi guarda nello stesso modo del Professor Valsecchi all’esame di maturità. Lì stavo per aspettare un figlio ma almeno ero preparato e avevo fatto colazione. “Dica”, “Dico a lei, dica” “No, dico..dico a lei, dica, dica”. Un altro dico/dica e gli infilo la penna che ho appena rubato nel bulbo oculare. “Devo spedire un cd”. “E’ fragile?” Chiede lui. “No, potreste spedirlo insieme agli elefanti di Moira Orfei o insieme a quei carichi eccezionali coi lampeggianti che ti rompono i coglioni in autostrada” Questo è quello che avrei voluto dirgli. “Sì è fragile”. “Quindi ci vuole una busta con il pluriboll”. Sembra un farmaco. Forse ha visto che sono pallido. “Dove lo posso prendere?” e intanto che mi risponde gli osservo i peli del naso. Uomo sporco. Testa lucida e unta. Ottima prospettiva passare il resto dei suoi anni dietro un vetro pieno di ditate. Non ascolto. Recupero il pluriboll e le ultime energie prima di vomitare, impacco, scrivo, timbro, firmo, tampono, sigillo, rutto (sì questo non serve, ma quando ci vuole ci vuole). E poi arriva il colpo di genio, l’intuizione, lo schizzo di colore puro, l’assolo. “Cosa c’è nel cd?” Come se fosse un’informazione utile o come se mi chiamassi Copperfield e riuscissi a nascondere cioccolatini o cocaina dentro un CD. A quel punto solo la velocità di esecuzione mi può salvare, solo la mossa della faina, solo l’urto di vita che mi prende da dentro, solo il climax delle emozioni in quell’ufficio di provincia, solo l’odio la rabbia e l’amore che ho dentro..prendo fiato, mi schiarisco la voce e, guardandolo dritto negli occhi, comincio..

Fuggi, cosa fuggi non c’è modo di scappare, ho la febbre ma ti porto fuori a bere, non è niente stai tranquilla è solo il cuore. Porta Ticinese piove ma c’è il sole, quando il dandy muore fuori nasce un fiore, le ragazze fan la fila per vedere la sua tomba con su scritte le parole:

Io vi amo, vi amo ma vi odio però vi amo tutti è bello o brutto io non lo so
(Un romantico a Milano - Baustelle)


Esco. Respiro. Ora sto meglio. Meno male che ci sono ancora le poste.