venerdì 26 ottobre 2007

Two gust is megl che uan


Oggi avrei voluito dare fuoco ad un cestino della spazzatura, al lavoro i miei colleghi sono stati vessati da richieste inconciliabili e fanculo pure al canone RAI.


Grazie a Dio il ministro della giustizia è Mastella.

Il Nobel per la pace lo riassegnamo ad Hitler.

La pubblica istruzione a Tarricone.

E le politiche per la famiglia ad Ilona Staller.


Viva l'Italia con un canarino sopra la finestra e l'autoradio sempre nella mano destra.


ventisei

Chi mi conosce bene sa che oggi non può essere un giorno normale.

Il 26.

Il 26 succede sempre qualcosa.

Dovrei giocarmelo o osservare nella numerologia se ha un significato rispetto alle coincidenze ricercate che rimedio io.

26. Giorno di compleanni. Di matrimoni. di decisioni. Di partenze e arrivi.

Oggi è il 26.

Oggi ho realizzato che ho degli stati d'animo agitati, confusionali, esigenti e forti.

Bella scoperta, mi direbbe Nick. Sai che novità. E già...non è una novità questa.

Ma finchè rimane un retropensiero (a proposito come si dice l'equivalente del retrogusto ma per una sensazione persistente dell'odorato?) rimane lì.

E' quando lo butti fuori. Ne parli con le persone che ti stanno intorno che viene fuori l'aria più vera.

Giusto? Sbagliato? Destra? Sinistra? Bianco? Nero? Starsky? Hutch?

Ma un bel "che cazzo me ne frega?" ce lo vogliamo mettere?

E' così.

Oggi è il 26.

Ora l'oracolo di Delfi (pseudonimo) sa quello che penso di lei. Sa le cose che mi fanno stare male e quelle che vorrei per sentirmi amato.

E siccome sono un fottuto egocentrico del cazzo è giusto che sappia cosa mi fa stare bene.

E' così.

E' il 26.

martedì 23 ottobre 2007

Avanti popolo


Che senso ha la resistenza?

Opporsi al tempo, al dispiegarsi delle trame del destino.

Che senso ha resistere alle passioni, ai dolori violenti degli stati d'animo animali?

Bestie incatenate. Il domatore esercita il potere a cui tendiamo lo sguardo.

Che senso ha cercare un freno al proprio Io?

Fa star male, fa stare bene ma parla di noi.

Della nostra storia. Delle ferite, di quanto siamo stati e del biglietto da visita che amiamo ed odiamo presentare.

E' giusto resistere? Non esiste un Io migliore. Esiste l'Io con le sue paure e le sue stelle.

Domani gli metterò un bel vestito, capelli in ordine e scarpe lucidate e mi dirigerò al concorso.

Spero di fare brutta figura.

Di prendere un quattro per la gelosia. La fretta, l'idealizzazione. La testardaggine di pietra. L'orgoglio ferito e accantonato più volte. L'eccesso di zelo. L'autostima malcelata.


Per l'incontrollabilità degli stati d'animo.


Così è se vi pare

(quest'ultima frase non è mia...deve essere di qualche siculo di quelli che mi stanno intorno)

lunedì 15 ottobre 2007

Blog Action Day - Ambiente



il 15 ottobre è il Bloog Action Day.


Tema: l'ambiente.


Che dire? Che scrivere?


Un articolo dice "scrivete qualcosa che sia attinente al vostro blog sul tema ambientale.


Il mio blog sono racconti, pensieri, poesie e tutto quello che mi passa per la testa.


Quindi un post sull'ambiente potrebbe cominciare più o meno così...l'acqua del ruscello di Garessio. Un giorno mi sono fermato con Turi, il Rosso e Diego e berla dalle mie mani. Diego mi dice " Ma sei matto? Qua dietro c'è lo stabilimento della Lepetit...sarà inquinata!" "Figurati" dico io "sono abituato alle porcherie che ci sono a Milano...quest'acqua è buona. Si vede".


E via.


A quell'epoca ci si crede immortali.


14 anni e la convinzione che il tempo sia una cosa degli altri.


Degli adulti.


A noi interessava correre e ridere. Poco altro. Correre e andare in bicicletta per la Val Tanaro. Su e giù da Valdinferno. Fermarsi a campeggiare nei prati. Sentire la testa appoggiata sul morbido ed umido dei fili d'erba che non si levano dai pantaloni. Correre e strappare le piccole spighe per poi tenerle in bocca o farle scivolare nei maglioni. Oppure sentire il Marino. Il vento che arriva da sud.


Dal mare.


Che scuote le lenzuola stese e che scompigliava i capelli di mia nonna.


Il vento che porta l'odore di umido dei funghi. Gli stessi messi ad essicare al sole. Quello caldo. Buono. Che ti guarda da dietro il colle e ti bacia la testa mentre sei sdraiato ad ascoltare la musica che senti dentro di te. La musica che ti viene perchè sei in armonia con quello che ti sta intorno.


Lasciare la bicicletta sulla ghiaia che costeggia la piccola diga e poi tuffarsi con le mutande nel fiume freddo come marmo. Il respiro che ci viene a mancare e il muschio sotto i piedi.


E poi scappare fino in cima a quella montagna sul colle di Casotto circondati dai castagni e dai fiori bianchi del rododendro.


Oppure farsi dondolare da un locomotore destinazione mare. Scogli caldi ed inospitali. Il sale che fa tirare la pelle e la sabbia nei pantaloni quando sei lì che ti baci e vorresti che il domani non arrivasse mai.


Questo è il mio ambiente.


E vorrei che fosse tale anche per Simona e Andrea (i miei nipoti)

mercoledì 3 ottobre 2007

L'Etoile


23:26. Le voci di una tribuna elettorale. Clown, nani, ballerine.

L'etoile entra in scena. Volteggia e scompare nel nero della notte lattiginosa.

Clacson, ambulanze, lavaggio strade. Asfalto che copre ogni cosa.

Il silenzio assordante dei netturbini infreddoliti.

Che senso ha questo tempo vissuto?

Caffè bruciato che inonda le stanze. Mischio i fogli alla rinfusa

rincorrendo un tempo di note, parole e desideri

Ancora lei.

Torna in scena la dea di mille pianeti.

Profuma di fiori e lascia una scia. Cometa di vita e battiti.

La gente dorme noncurante della morte lontana.

Butta il tempo tra mutui, fiction, discorsi vuoti, condomini di ghiaccio.

Ma chi l'ha detto che è questo quello che Vi aspetta?

Mi inciprio il viso. La bocca rossa deformata, il naso di plastica.

Fingo un mare di perbenismo per la farsa dei benpensanti

Fino a che arriva lei.

Il domani dei miei sogni.

Tappeto volante tra le pieghe di granito di questa città.

Mare freddo e nero, ma senza confini.

L'etoile si inchina al pubblico senza scomporsi.

Riceve rose, lettere e baci lanciati.

Dietro al palco solo io.

Sipario.

Senza titolo III


Balugina ancora Giove
In un tetto di mille e mille stelle.

eppure tu tieni ancora le dita fra le labbra
colori il cielo di viola sul carbone
tratteggi la dea della salute.

Il circo alza il suo sipario
avviluppa al cielo la cortina
orde di buffoni turbinanti
le bestie strette dalle morse
incede con pietà il nobile
costringendo la pecora al belato
l’inutile rovina del pastore
il siero e il latte fresco.

Non tu, non io
danziamo come sempre
nel offuscato dei passati.

I passi doppi sulla battigia
il precipizio e le mie corde
la temporanea salvezza.

Cademmo insieme o forse no,
caddi io prima del cedimento

e tu: fischiettavi la canzone
il ritornello dell’eterno momento
la ritrazione del tempo e dello spazio
l’incontro fra farsa e l’intelletto.
Poesia di DDG

Senza titolo II

Dietro la porta guaiva,
tremava per l’assenza
o per le grida dei pagliacci
per i loro pasto, offerto
oro e uva passa, pochi avanzi

ma era festa, la tua
glorificavo il tuo sesso
l’incensavo,
solitaria e notturna abluzione
la mia dico, non di certo tu
ma il sacrificio dei corpi

fuori i tamburi e le fiaccole
un circo di grassi equilibristi
la donna cannone e la scimmia

Non cademmo mai,
forse un solo schianto?
Un clamore al ventricolo.

I barboncini composti al cerchio
saltano, per uno zuccherino
la piccola truccava l’infanzia
sul viso di una bambola
e tu in equilibrio sul filo
in mano il bilanciere
non facevi che venir giù
capace solo di rovine.

Una flemmatica salvezza:
l’iride e i cinque colori,
il triangolo e il quadrato
la grammatica e l’aritmetica.

E invece solo cedimenti
il sorriso beffardo dell’ateo.

Non merito un addio
Non un respiro.
Poesia di DDG

Senza titolo I


Il ritorno è un mito
ucciso il primo re ne muoiono altri due
non senza dolore, il dolore è un tempo
una battuta d’ali, una migrazione incosciente
sconosciuto il significato delle parole,
ordinario il senso delle cose, sfiorato.

Tentando nuovi sensi, il fraintendimento
nuove danze e nuove traiettorie
non perderemo i lupi o le falene
non cassiopea, non il ghiaccio.

Questi mesi: una prigione della sorgente
incatena il nobile al banale
e tu amore non porgi una guancia.
Ti donai il mio petto, il sudore insopportabile
dell’estati irritate dai tuoi odori.
Un Icaro rallentato il mio pensiero
ora distante dalle leggi dell’universo
ora tragico lamento di cera.

l’apparizione senza luogo, spazio,
sai che male fa amore mio
essere stato il primo e ora immemore
fra i ricordi dei tuoi incontri.

Vale un cenno la mia parte? un delicato saluto?
Una manina bianca che distratta s’agita?
non una parola, non una sedia, uno sguardo
un vetro divelto, un incastro di Alessandro
un fil di ferro da conficcarti tra i capelli.

Non si cava acqua da un pozzo inaridito,
mi incoraggi alla lontananza
all’intemperie dell’umore.

E, riconosco i segni e,
cedendo distratto alla recitazione,
dirò: “giusto così, la pecora col pastore,
la svolta di destra…”
tra sussurri, le grida,
le memorie del sacro.


Poesia di DDG